Vie di accesso all’anca

Cosa si intende per via d’accesso all’anca?

Nella chirurgia dell’anca e in particolare nella chirurgia protesica un passaggio fondamentale che influenza in maniera importante l’invasività dell’intervento e, di conseguenza, il dolore post-operatorio e la facilità di ripresa è rappresentato dalla via di accesso. Con questa espressione si intende sostanzialmente la strada che il chirurgo percorre per arrivare all’articolazione e quindi le strutture anatomiche che vengono attraversate e sezionate per ottenere la visibilità che ci serve per effettuare l’intervento.

Quali sono le principali vie di accesso?

La premessa è che scelta della via di accesso non deve condizionare negativamente il chirurgo o il paziente. Quindi le caratteristiche fisiche e anatomiche del paziente o l’esperienza del chirurgo possono fare in modo che un accesso sia preferibile rispetto a un altro anche se potenzialmente più invasivo ma più sicuro per il paziente.

Gli accessi principali sono: anteriore, antero-laterale, laterale diretto e postero laterale. Tutti questi sono potenzialmente efficaci nella stessa maniera e ognuno di essi ha i suoi pregi e i suoi difetti. Non staremo a descrivere nello specifico ogni via chirurgica, poiché risulterebbe un argomento troppo tecnico, ma descriveremo brevemente la via anteriore per la sua rilevanza attuale.

Cos’è la via anteriore mini-invasiva?

La via anteriore è l’evoluzione di una via chirurgica descritta molti anni fa, ma che grazie al progresso delle tecniche, e soprattutto degli strumenti, è al giorno d’oggi l’opzione chirurgica che permette un recupero più veloce rispetto alle altre. È un accesso intermuscolare che, nella maggior parte dei casi, ci permette di passare attraverso i muscoli per ridurre il dolore post-operatorio e accelerare il processo riabilitativo. Come dimostrato da numerosi studi: il dolore post-operatorio è ridotto e la riabilitazione è più facile e veloce per i pazienti operati con questa tecnica. Bisogna però sottolineare che questi stessi studi ci dicono che dopo circa 2-3 mesi i risultati si sovrappongono e soprattutto con pazienti sovrappeso o con caratteristiche anatomiche particolari la percentuale di complicanze aumenta. Questo vuol dire che in alcuni casi un intervento “classico” rappresenta la scelta migliore per il paziente.